Davide Imperiale (1540-1612), patrizio di antica famiglia genovese, al comando di 5 galee partecipò alla battaglia di Lepanto, vinta dall'Occidente cristiano contro i Turchi. Come ricompensa per il suo comportamento eroico, ottenne nel 1572 da Filippo II, re di Spagna, il vasto feudo di Oria, Francavilla e Casalnuovo (Manduria) in Terra d'Otranto. La famiglia Imperiali creò in breve tempo una vera e propria corte nel principato di Francavilla, grazie anche al trasferimento, al seguito, di numerose altre famiglie genovesi. L'imponente programma di sviluppo e modernizzazione del feudo, che divenne uno dei più floridi del Regno di Napoli anche grazie alle rendite derivanti dalle saline sulla costa, fu caratterizzato da un consistente numero di interventi architettonici di rilievo.
Sui ruderi del castello medievale[1] don Michele III Imperiali, principe di Francavilla e signore di Casalnuovo (come si chiamò Manduria dal medioevo fino al 1789), commissionò una nuova residenza feudale nel 1717, (così come riportato dall'iscrizione sul portale di accesso al piano nobile «Michael Imperialis A.D. MDCCXVII»), costruita poi a partire dal 1719, come elemento fondamentale di un importante piano di rinnovamento urbanistico della città secondo criteri squisitamente barocchi, perseguito mediante la creazione di nuovi assi prospettici rivolti a occidente, verso l'esterno della cinta muraria antica. Il palazzo si articola secondo lo schema classico della dimora urbana, a pianta quadrata e isolato sui quattro lati, con grande atrio centrale collegato, attraverso le scuderie, alla strada retrostante. Per lo stile severo ed austero, risultano evidenti le caratteristiche di unicità nel panorama del tardo barocco salentino, dal quale esso si discosta decisamente; interessanti appaiono, invece, le analogie con esempi tardomanieristici romani a cavallo tra XVII e XVIII secolo. L'unica concessione al gusto rococò del tempo è costituita dalla lunga balconata in ferro lavorato "a petto d'oca", motivo ispirato al palazzo ducale di Martina Franca.
Dal maestoso portale fiancheggiato da due colonne di ordine toscano, si accede all'androne, proseguendo si giunge all'atrio. Sul fondo, il portale di accesso alle scuderie, poste sul lato orientale del palazzo. Di rilievo è la monumentale scalinata barocca a doppia rampa, aperta sull'atrio secondo una tipologia che all'epoca ebbe grande diffusione soprattutto a Napoli. Dal portale d'ingresso posto alla sommità della scala, si accede direttamente al salone principale (m 17,8 x 9), da cui hanno origine sia l'infilata degli ambienti del piano nobile, che le scale che conducono agli appartamenti del secondo piano.
L'autore del progetto del palazzo è tuttora ignoto, e va ricercato con ogni probabilità nella cerchia degli architetti romani che lavorarono per il cardinale Giuseppe Renato Imperiali, all'epoca responsabile di numerose committenze nello stato pontificio. È invece accertato, in base a un documento dell'epoca, il ruolo di direttore dei lavori di Mauro Manieri, architetto leccese, impegnato in uno dei suoi primi incarichi di rilievo. Il disegno dello scalone, quasi certamente ricostruito dopo il terremoto del 1743 su nuovo progetto, presenta evidenti motivi vanvitelliani.
Nella tradizione popolare, il palazzo è detto "delle 99 stanze": si narra che per volontà del Sovrano fosse vietato, per gli edifici feudali, il superamento di tale consistenza. Effettivamente il conteggio risulta verosimile, ma si tratta probabilmente di un caso: il complesso, in base al progetto, avrebbe dovuto superare il numero di 120 vani, ma la costruzione dell'ala sud-est fu interrotta nel 1738, per la morte di Michele III Imperiali.
Il nipote Michele IV, erede nella successione, trascorse la sua vita per lo più a Napoli dove morì nel 1782 senza lasciare discendenza. L'edificio, non ultimato e probabilmente mai utilizzato dalla famiglia dei feudatari, passò per alcuni anni al Regio Fisco, fu occupato dall'esercito francese nel 1806, infine fu riacquistato da Vincenzo Imperiali, marchese di Latiano e nuovo principe di Francavilla in burgensatico, da questi passò al figlio Federico. Nel 1827 fu acquistato dai Filotico.
La famiglia Filotico è riportata sul "Librone magno delle famiglie manduriane" dalla metà del '500 col capostipite Giulio nel ceto civile (un'altra famiglia omonima, ma non imparentata, fu originata nel ceto popolare da un Ottavio, giunto a Manduria nel '600). Alla fine del '700, i discendenti di Giulio Filotico erano parte della cosiddetta "distinta civiltà" cittadina, composta da quelle famiglie che vivevano "more nobilium”, ascritte al ceto patrizio al tramontare del sistema feudale: il Magnifico Leonardo, doctor utriusque iuris, ricopriva la carica di "giudice ai contratti"; il fratello Vincenzo, proprietario terriero, fu pittore di una certa fama, formatosi a Roma e Napoli (sue tele si conservano nelle principali chiese cittadine, nei centri vicini e in collezioni private). La famiglia risiedeva tra Manduria (nel proprio palazzo, ubicato nel Borgo di Porta Grande, in una traversa dell'attuale Corso XX Settembre) e Portici: Vincenzo Filotico, che ebbe anche intensi rapporti economici con gli Imperiali a Napoli, il 18 agosto 1827 acquistò assieme al nipote Raffaele il vasto palazzo, disabitato e privo di arredi e suppellettili, insieme a parte dei possedimenti terrieri ex feudali.
I Filotico nella generazione successiva completarono e arredarono il palazzo, realizzando le decorazioni interne secondo uno stile improntato all'austerità delle sue linee architettoniche. A metà '800 vi dimorò la celebre letterata napoletana Virginia Pulli, moglie di Leonardo Filotico, animatrice di un celebre salotto letterario a Napoli. Sempre alla stessa epoca risale la costruzione, sulla facciata nord dell'atrio, dell'ampio loggiato poggiante su arcate, con funzione di collegamento tra lo scalone e l'ala di nord-est. La parte mediana dell'androne al piano terra, che originariamente aveva dimensioni identiche a quelle del soprastante salone d'onore, con due pilastri nel mezzo, fu ridotta in larghezza per creare locali chiusi, sui due lati. L'altissima copertura del salone d'onore, danneggiata secondo alcune fonti già dal terremoto di Terra d'Otranto del 1743, ma di certo ancora presente nel 1804, fu smantellata nella prima metà del secolo XIX, a seguito dei danni causati da una tromba d'aria. Da allora l'ambiente, assai suggestivo, è denominato "salone scoperto".
L'immobile è residenza privata della famiglia Filotico da ormai da due secoli, nove generazioni; i locali esterni del piano terra, destinati ad attività commerciali, in seguito ad una divisione tra eredi nel dopoguerra passarono in parte ad altri proprietari, tra cui Unicredit Banca e la famiglia Schiavoni-Daversa.
Sottoposto a vincolo di tutela come "immobile di rilevante interesse storico-artistico" fin dal 1917, e denominato ufficialmente "palazzo Imperiali-Filotico" nel decreto emesso dal ministero dei Beni Culturali ai sensi della L.1089/1939, è iscritto all'ADSI - Associazione Dimore Storiche Italiane - sezione Puglia.
Di recente (2015) il portale d'accesso, l'androne e lo scalone monumentale sono stati sottoposti ad un intervento di restauro conservativo.
PALAZZO GIANNUZZI
Il Palazzo Giannuzzi è ubicato nel centro storico di Manduria e prende il nome dalla famiglia Giannuzzi che realizzò la costruzione nel XVI secolo, in seguito è stato più volte rimaneggiato. L'edificio si presenta con un imponente portale d’ingresso caratterizzato da un andamento concavo, con arcata a tutto sesto e sormontato da un ricco stemma gentilizio e da numerosi elementi architettonici decorativi fitomorfi; il fastigio è determinato da una balaustra poggiante su un aggettante cornicione. Il portale immette in un androne con volta a crociera con i conci a faccia vista, che dà accesso a un atrio dominato da un’imponente balaustra, sorretta da grandi mensole decorate, su cui si affacciano gli ambienti del piano nobile. A questi si accede per mezzo di un’ampia scalinata centrale situata nel medesimo atrio e accessibile da un ingresso ad arco. Nel piano terra erano situati gli ambienti di servizio, i magazzini, depositi e le stalle.
Su Vico Corcioli si aprono inoltre alcune finestre laterali con eleganti cornici scolpite.
Il palazzo appartenne a Marianna Giannuzzi, originaria di Francavilla e sposata con il manduriano Tommaso Cornioli. Oggi si pensa che al tempo fosse un luogo di riposo per coloro che praticavano la caccia al cinghiale o un luogo di villeggiatura. Rimase di proprietà della famiglia fino al 1715, Marianna Giannuzzi non avendo avuto eredi elargì anche questo insieme al suo patrimonio al comune di Manduria. Fu usato anche come ospizio e dal 1930 come scuola pubblica, diventando in seguito luogo trascurato e angusto, per questo motivo il palazzo è conosciuto con il nome di ‘Tugurio’. Attualmente il palazzo è sede della segreteria del Parco Archeologico, nonché pregevole contenitore di manifestazioni e mostre.
Gli alloggi, ristrutturati grazie a dei contributi statali, sono occupati da famiglie indigenti e il pian terreno è occupato da strutture ricettive.
​
Fonte: http://cartapulia.it